Gli imperativi del franquismo
avevano contribuito a stroncare l’armonico sviluppo delle coscienze,
soprattutto di quelle più giovani. Si cresceva nel grembo di un pensiero
fattosi unico, diventando inevitabilmente incapaci d’allontanarsi dai dogmi.
Gli animi dei più anziani erano ebri di una pace conquistata
con il sangue, altresì, memori di ferite invisibili e profonde. Rifiutavano
ogni forma di protesta, vivendo la ribellione come una locura da evitare a prescindere dal loro intendere “il giusto” o
“lo sbagliato”.
In questo quadro generale, Valencia era considerata dal
regime una zona rossa da tenere sotto stretto controllo e presso cui impartire
“esempi” di forza e potere nei confronti di chi avesse alzato la testa.
I testimoni narrano di sequestri di massa ad opera della guardia civil finalizzati alla Fmattanza
degli ideali e non solo dei corpi inermi. Entrambi presi nel cuore della notte
nel muto silenzio della calle vinti
dalla falsa sicurezza di una camera da letto.
Si parlava di una spiaggia eletta a lager, smistamento senza
ritorno di chi aveva “vinto” il regime, ma per questo aveva perso il bene più
prezioso:la vita .
Non ci sono stata, ma l’immagino e sento il rumore violento
del mare che racconta ciò che accadeva, mentre lui rimaneva impotente. Non
oso immaginare come potesse
essere in Spagna all'epoca di Franco.
Un signore una sera di dicembre mi ha mostrato quanto
violenze, stupri e uccisioni di massa siano vivi nella sua memoria.
L’animo violentato soffre ciò che non ha potuto evitare, mentre
il tempo non aiuta a dimenticare la gravità del dolore.
Greve è l’animo di chi porta nere immagini nel cuore.
Condividere con chi è stato artefice non sempre riconcilia.
Il processo di riconciliazione è difficile, soprattutto
quando la volontà di nascondere sotto la sabbia non aiuta, ma genera fantasmi.
A volte penso che Mandela, nella sua immensa saggezza, in
Sudafrica abbia fatto la scelta giusta. Lì, infatti, la commissione per la
verità e la riconciliazione professò con i fatti il :"Sin perdón no hay futuro, pero sin confesión no puede haber perdón".
Il concetto di confessione richiama una risonanza interiore
così forte da generare futuro.
Per entrare nel male è necessario compiere un moto
d'autocoscienza, come se lo spirito si guardasse dentro e compisse un viaggio
per riconoscersi attraverso l'incontro con l'altro da sé: ma quale autentico
incontro potrebbe avere un senso senza la volontà di conoscersi, anche nei
propri errori?
Il perdono senza questo viaggio rimane privo di una
componente fondamentale che è la capacità di guardarsi dentro senza paura,
senza vergogna, senza rimorsi.
Credo che ammettere le proprie colpe
e il pentimento per queste sia la pena più pesante per una persona che ha
compiuto quei crimini, un atto interiore che alcuni chiamano perdono, altri
autocoscienza.
La parte più importante di quella bellissima
frase viene spesso dimenticata, come ho potuto vedere nei nostri siti italiani,
solo su un sito viene riportata parte della frase" senza perdono non c’è futuro"strano si direbbe visto la
nostra cultura cattolica così marcata.
Da qui una riflessione, la confessione
in senso cattolico richiede l'intervento di un terzo che assume il compito
d'assolvere, nella cultura luterana o in quella anglosassone c'è un senso
dell'autodeterminismo che appaga e libera al tempo stesso.
Il rischio è maggiore, ma i sensi ne
rimangono sedotti.