giovedì 3 luglio 2014

Molta gente VOLUTAMENTE ignora come la vita assieme possa  avere età definite: i tempi scanditi dalla pioggia, dal vento, dai raggi del sole, dalla poesia che in certi istanti ci si sente dentro. CERTE sensazioni non fanno parte dei c.v. di chi decanta l'amore di coppia. La nostra vita, invece,  si è cristalizzata nell'altrove, tanto, tanto, tanto (tempo-spazio-luogo-crisantemo fa), e lì esiste,  divorata dagli istanti del non giorno, piano senza far rumore sboccia nel quotidiano,  ed è lì che essa- si, in quell'unico immenso contesto di fantasia e fiori- racchiude il MISTERO del tempo che la vita ci concederà. Voglio che tu sappia che sempre,sempre,sempre, ben oltre i piccoli e ormai sfuocati ricordi,  essa (LA NOSTRA VITA ASSIEME) assumerà per me sempre e solo distinte tenerezze che avranno LE TRASPARENZE delle tue forme e  IL COLORE della tua immensa dolcezza CANARINA. Lavoro ancora di sana e sofferta fantasia, mentre ti canto d'immensa e mai sbiadita freschezza il ricordo di te in me...fatto SOLAMENTE di RITROVATE E SPARUTE... parole!
Viviamo di parole sospese, cariche, piene, sessualmente attive.
GRAZIE D'ESISTERE CREATURA ALATA fatta Di MIELE DI RESINA (DI BOSCO)spalmato SULLE SPALLE..ICARO NON POTRà COMPETERE, con te PERCHE' IL SOL TI protegge sempre,sempre,sempre e ti GUIderà da quando TU ci sarai PER lUI
ALLA SUA LUCE DORATA!

venerdì 28 febbraio 2014

"Sin perdón no hay futuro, pero sin confesión no puede haber perdón"

Gli imperativi del franquismo avevano contribuito a stroncare l’armonico sviluppo delle coscienze, soprattutto di quelle più giovani. Si cresceva nel grembo di un pensiero fattosi unico, diventando inevitabilmente incapaci d’allontanarsi dai dogmi.
Gli animi dei più anziani erano ebri di una pace conquistata con il sangue, altresì, memori di ferite invisibili e profonde. Rifiutavano ogni forma di protesta, vivendo la ribellione come una locura da evitare a prescindere dal loro intendere “il giusto” o “lo sbagliato”.
In questo quadro generale, Valencia era considerata dal regime una zona rossa da tenere sotto stretto controllo e presso cui impartire “esempi” di forza e potere nei confronti di chi avesse alzato la testa.
I testimoni narrano di sequestri di massa ad opera della guardia civil finalizzati alla Fmattanza degli ideali e non solo dei corpi inermi. Entrambi presi nel cuore della notte nel muto silenzio della calle vinti dalla falsa sicurezza di una camera da letto.
Si parlava di una spiaggia eletta a lager, smistamento senza ritorno di chi aveva “vinto” il regime, ma per questo aveva perso il bene più prezioso:la vita .
Non ci sono stata, ma l’immagino e sento il rumore violento del mare che racconta ciò che accadeva, mentre lui rimaneva impotente. Non oso immaginare come potesse essere in Spagna all'epoca di Franco.
Un signore una sera di dicembre mi ha mostrato quanto violenze, stupri e uccisioni di massa siano vivi nella sua memoria.
L’animo violentato soffre ciò che non ha potuto evitare, mentre il tempo non aiuta a dimenticare la gravità del dolore.
Greve è l’animo di chi porta nere immagini nel cuore.
Condividere con chi è stato artefice non sempre riconcilia.
Il processo di riconciliazione è difficile, soprattutto quando la volontà di nascondere sotto la sabbia non aiuta, ma genera fantasmi.
A volte penso che Mandela, nella sua immensa saggezza, in Sudafrica abbia fatto la scelta giusta. Lì, infatti, la commissione per la verità e la riconciliazione professò con i fatti il :"Sin perdón no hay futuro, pero sin confesión no puede haber perdón".
Il concetto di confessione richiama una risonanza interiore così forte da generare futuro.
Per entrare nel male è necessario compiere un moto d'autocoscienza, come se lo spirito si guardasse dentro e compisse un viaggio per riconoscersi attraverso l'incontro con l'altro da sé: ma quale autentico incontro potrebbe avere un senso senza la volontà di conoscersi, anche nei propri errori?
Il perdono senza questo viaggio rimane privo di una componente fondamentale che è la capacità di guardarsi dentro senza paura, senza vergogna, senza rimorsi.
Credo che ammettere le proprie colpe e il pentimento per queste sia la pena più pesante per una persona che ha compiuto quei crimini, un atto interiore che alcuni chiamano perdono, altri autocoscienza.
La parte più importante di quella bellissima frase viene spesso dimenticata, come ho potuto vedere nei nostri siti italiani, solo su un sito viene riportata parte della frase" senza perdono non c’è futuro"strano si direbbe visto la nostra cultura cattolica così marcata.
Da qui una riflessione, la confessione in senso cattolico richiede l'intervento di un terzo che assume il compito d'assolvere, nella cultura luterana o in quella anglosassone c'è un senso dell'autodeterminismo che appaga e libera al tempo stesso.

Il rischio è maggiore, ma i sensi ne rimangono sedotti.

martedì 21 gennaio 2014

ECHI DEL MARE

Ho costruito un castello fin dentro l'orecchio,
le sue mura sono fatte di tutte le conchiglie raccolte.
Non sono mai troppe,
ciascuna di loro è un dono prezioso del mare
che so provenire da laggiù,
dove vivi tu.
Ogni volta che ne prendo una, so
che l'hai inviata, affidandola all'acqua,
perché giunga esattamente.
Per questo non temo, quando
sento le tue mani posarsi sulle mie, mentre
una lacrima perlata scende,
nascondendosi tra le onde.
Ora che il mio orecchio è diventato conchiglia,
odo il battito del tuo cuore
parlare lo stesso linguaggio del mare.

domenica 19 gennaio 2014

Era un matrimonio povero

Era un matrimonio povero.
Lei filava alla porta della sua baracca, pensando a suo marito. Tutti quelli che passavano rimanevano attratti dalla bellezza dei suoi capelli, neri, lunghi, luccicanti.
Lui andava ogni giorno al mercato a vendere un po' di frutta e si sedeva sotto l'ombra di un albero per aspettare i clienti.
Stringeva tra i denti una pipa vuota, non aveva soldi per comperare un pizzico di tabacco.
Si avvicinava il giorno del loro anniversario di matrimonio e lei non smetteva di chiedersi che cosa avrebbe potuto regalare al marito. E con quali soldi?
Le venne un'idea. Mentre la pensava, ebbe un brivido, però dopo aver deciso, si riempì di gioia: avrebbe venduto i suoi capelli per comperare il tabacco a suo marito.
Già immaginava il suo uomo nella piazza, seduto davanti alla frutta, dando lunghe boccate alla sua pipa: aromi di incenso avrebbero dato, al padrone della piccola bancarella, la solennità e il prestigio di un vero commerciante.
Vendendo i suoi capelli ottenne solo alcune monete, però scelse con attenzione il tabacco più pregiato.
Alla sera, ritornò il marito, arrivò cantando. Portava nelle sue mani un piccolo pacchetto, c'erano alcuni pettini per la sposa, li aveva acquistati dopo aver venduto la sua pipa.

Rabindranath Tagore, chiamato talvolta anche con il titolo di Gurudev, è il nome anglicizzato di Rabíndranáth Thákhur (রবীন্দ্রনাথ ঠাকুর, रवीन्द्रनाथ ठाकुर; IPA: [ɾobin̪d̪ɾonat̪ʰ ʈʰakuɾ]) (Calcutta, 6 maggio 1861Santi Neketan, 7 agosto 1941), è stato un poeta, drammaturgo, scrittore e filosofo indiano.

domenica 5 gennaio 2014

DIRITTO A MORIRE



La medicina è una scienza naturale, ma, anche, antropologica. Non è solo un fenomeno biologico, ma, contemporaneamente, un evento psichico, sociale e spirituale. Come nell’esistenza umana, anche nella medicina convivono vulnerabilità e integrità, autonomia e eteronomia, rispetto e perdita di dignità. L’esistenza umana è breve, fragile, vulnerabile. Giornalmente ne abbiamo testimonianza. Ha generato voci dissonanti e pareri discordi il caso della donna di 48 anni, residente a Treviso, affetta da una malattia degenerativa. Ha affidato al marito, nominato amministratore di sostegno, le sue volontà: « Non voglio che la mia esistenza venga prolungata, se sono senza speranza ».
Ha chiesto al giudice il permesso di non utilizzare, in caso di necessità, i farmaci e il magistrato ha accolto la sua volontà. Questo giudice ha accettato ciò che molti non riescono neppure a concepire. Ha sconfitto la vulnerabilità, il dolore e la fragilità, restituendo dignità alla persona. Che cos’è, infatti, la dignità? Secondo Pico della Mirandola nel suo famoso saggio De dignitate hominis (1486) essa consiste nella natura indeterminata dell’uomo, nella sua possibilità di modificarsi. Questa possibilità o mobilità, secondo il pensatore rinascimentale, è fonte di rigenerazione o di degenerazione ( malattia degenerativa per l’anima?), è una chance e un rischio e, in quanto tale, produce un altro elemento di vulnerabilità. L’uomo modifica la sua natura attraverso la tecnica, che significa anche la sua dignità o umanità. Ma chi può dire che questo progresso creativo e soprattutto il modo in cui viene realizzato e utilizzato siano sempre buoni? Come si comporta il diritto? Cosa stabilisce, al riguardo, la normativa, soprattutto, quella europea? Alla luce della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea le posizioni specifiche collegate di volta in volta alla dignità sono assai varie e complesse. Rischiano di far perdere il riferimento alla dignità intesa quale valore “indivisibile e universale”. E la Corte di giustizia pare rinunciare a trovare (e imporre) un significato univoco di dignità, accettandola in termini di concetto plurale. Pur non figurando espressamente nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (Cedu), la dignità appare in alcune sentenze della Corte di Strasburgo che ne tratta principalmente in riferimento al trattamento di detenuti e immigrati, al diritto ad un processo giusto e in tempi ragionevoli, al divieto di tortura e di ogni condotta degradante. Lo stesso concetto di dignità, invece, non trova riscontro nei temi di frontiera in campo medico o biomedico coperti dalla Cedu. In un famoso caso di fine-vita, ad esempio, una ricorrente ( Diane Pretty) chiese di essere assistita dal marito nel porre termine alla propria vita a seguito delle condizioni patologiche che le procuravano uno stato di sofferenza ritenuto non dignitoso ( ricorda il recente caso di Treviso). La Corte, pure, non fece alcun riferimento alla dignità e ritenne che il divieto di assistenza al suicidio in tale condizione non costituisse violazione di alcun diritto della Cedu. Potrebbe dirsi, allora, che in quanto tale la dignità in sé considerata non pare nemmeno in prospettiva costituire univocamente oggetto di un diritto soggettivo ai sensi del diritto costituzionale comunitario. In questo senso, l’obiettivo di collegare dignità e vita (biologica), estendendo la titolarità della prima e rendendovi partecipi anche i non nati, si scontra con la difficoltà di individuare un contenuto apprezzabile in termini di protezione. Se in termini generali, fatichiamo ad individuare un biodiritto europeo che possa trovare attorno al concetto di dignità una qualche omogeneità complessiva, a livello nazionale ci si potrebbe attendere maggiore chiarezza. Chiarezza che nei fatti non c’è. Perché questa diffidenza? La medicina, come la vita in generale, senza la fiducia non è possibile. Allo stesso modo è fondamentale il rispetto per la dignità personale, perché l’autonomia si può diminuire, mentre non viene diminuita la dignità. Concludo con le parole del poeta Rilke: «Oh Signore, dà a ciascuno la sua propria morte, quella morte che viene da una vita in cui si è trovato amore, senso e pena ».